Il Ruolo dell’Empatia nell’Analisi del Carattere

 

Il lavoro del Reich della prima fase, quella di “Analisi del Carattere”, può essere visto come il prototipo degli approcci confrontativi e attivi nell’analisi delle difese e delle resistenze. Tali approcci sono considerati mancanti di empatia poiché sollecitano la vulnerabilità narcisistica dei pazienti. Kohut si è schierato a sfavore di quello che chiamava il modello della penetrazione dell’inconscio per mezzo del superamento delle resistenze, presentando a sua volta una visione della resistenza come “ valida mossa per mettere in salvo il Sé, per quanto debole e difensiva, contro la distruzione e l’invasione”.

Si pensa che sia più empatico trattare le resistenze caratteriali come tattiche di sopravvivenza affermative del sé, piuttosto che come strategie di evitamento degli affetti, auto-alienanti, che bloccano la crescita psicologica e esprimono aperta ostilità verso gli altri. Una potenziale debolezza del lavorare con le resistenze, solo nei termini della loro funzione affermativa per il Sé, consiste nel finire con il trattare il paziente con i guanti d’oro, implicando che il paziente sia così fragile o suggestionabile da essere incapace di tollerare l’essere sfidato e confrontato con prospettive alternative al suo punto di vista soggettivo.

Il terapeuta deve raggiungere un equilibrio dinamico tra il comportarsi come un elefante nel negozio di cristalli, da un estremo, e il camminare in  punta di piedi, dall’altro.  Quello che andrebbe sostenuto è un approccio dialettico in cui l’analista non ha bisogno di evitare, in modo fobico, d’essere confrontativo, per paura di risultare non empatico e non ha bisogno di evitare di empatizzare per paura di colludere con attitudini difensive che bloccano il progresso dell’analisi.

Reich suggeriva che i pazienti sono di rado accessibili all’analisi perché non sono disposti a seguire la regola fondamentale, che prevede di discutere liberamente di tutto quello che viene loro in mente senza censure. Focalizzarsi sull’analisi testuale del discorso del paziente e sulle sue verbalizzazioni può equivalere a negare una forma cruciale della resistenza che può non essere rivelata dalle sole parole.

Reich suggerisce che una forma primaria e negata di resistenza doveva essere ricercata nell’atteggiamento e nel portamento del paziente: il come è importante più del cosa il paziente dice. I sintomi nevrotici derivano sempre da una struttura di carattere nevrotica e il carattere nevrotico si manifesta, in analisi, come un compatto meccanismo difensivo che egli chiamava armatura caratteriale. Essa riflette una strategia di difesa complessiva piuttosto che un particolare meccanismo di difesa. Attitudini, credenze, valori, ideali, desideri, affetti, fantasie, ambizioni, o ogni altra componente concepibile della personalità, possono servire a una funzione difensiva e essere così un aspetto dell’armatura caratteriale. Non è riducibile a un singolo tratto di personalità, ma si riferisce all’organizzazione sovraordinata della personalità come strategia di difesa generale, una filosofia o stile di vita che assicura protezione contro ogni immaginabile situazione di pericolo.

Allo stesso tempo rappresenta un muro impenetrabile contro la consapevolezza; secondo Reich funge da apparato protettivo narcisistico, ed è narcisistica per diversi aspetti. Protegge l’integrità dell’io prevenendone il crollo di fronte a pressioni interne ed esterne. Come difesa narcisistica svolge una funzione compensatoria nel riparare il narcisismo ferito e nel mantenere l’equilibrio omeostatico. La dimensione narcisistica dell’armatura è responsabile del fatto che l’armatura caratteriale è vissuta come ego-sintonica.

È la sua dimensione ego-sintonica che la rende così resistente al trattamento e al cambiamento. Il paziente può non avere nessuna consapevolezza riflessiva di possedere uno stile caratteriale, poiché è sentito come modo scontato di essere nel mondo. Anche quando viene offerta la consapevolezza di uno stile caratteriale distintivo, esso è concepito come normale, razionale e come una modalità adattiva non problematica.

La tecnica base dell’analisi del carattere consiste nel richiamare l’attenzione del paziente allo stile caratteriale ego-sintonico e nel cercare di rendere il tratto preso in considerazione ego-distonico: “isoliamo il tratto caratteriale e confrontiamo il paziente ripetutamente con esso, finché egli ottiene oggettività verso di esso e lo sperimenta come un sintomo compulsivo spiacevole. Il carattere nevrotico prende così la natura di un corpo estraneo, e diviene oggetto dell’insight del paziente.” Il paziente resiste a far divenire ego-distonici i tratti ego-sintonici, poiché ciò costituirebbe una ferita narcisistica. L’interpretazione coerente dello stile caratteriale del paziente provoca la rivolta narcisistica, Reich fu uno dei primi analisti a notare che il transfert negativo latente era una resistenza primaria al dispiegarsi dell’analisi e richiedeva una interpretazione coerente.

Sapeva che il suo metodo aveva i suoi pericoli e non era sempre efficace. Nell’infliggere attivamente delle ferite narcisistiche c’è il pericolo del crollo dell’io. Il paziente potrebbe terminare in modo prematuro pur di non tollerare altre ferite, o potrebbe rimanere bloccato in una reazione terapeutica negativa prolungata. Reich credeva che il crollo dell’ego fosse necessario per alterare una corazza rigida, in modo che uno stile più flessibile potesse prendere il suo posto. Se il paziente terminava in modo prematuro, probabilmente non era pronto per l’analisi.

Fenichel ha dichiarato:

Credo che la distruzione della blindatura possa essere eseguita in modo molto aggressivo, ma che l’aggressività e la conseguente disintegrazione dell’armatura possano essere dosate, e in effetti, è compito del medico di fare in modo che questa procedura sia il meno spiacevole possibile per il paziente. La prima cosa di cui dobbiamo essere chiari è che il costante contrasto dei tratti caratteriali del paziente ferisce il suo narcisismo molto più di ogni altra tecnica analitica “(Fenichel, 1953, 339).

Gli psicologi dell’io hanno sviluppato due strategie per rendere l’analisi del carattere più tollerabile per il paziente: 1) stabilire l’alleanza terapeutica 2) lavorare dalla superficie alla profondità nell’analizzare le resistenze. Migliore è l’alleanza col terapeuta, più recettivo è il paziente alle interpretazioni che possono toccare la vulnerabilità narcisistica.

Continua Fenichel (1941) “quando un’interpretazione non ha effetto, spesso ci si chiede: come avrei potuto interpretare in modo più profondo? Ma spesso la domanda dovrebbe, più correttamente, essere posta in questo modo: come avrei potuto interpretare più superficialmente?”

Ciò che è in superficie è più ego-sintonico, ciò che è profondo è ego-distonico. Maggiori sono la discrepanza e l’incongruenza, o la distanza, tra l’ego-sintonico e l’ego-distonico, maggiori saranno le resistenze del paziente alla consapevolezza di tale esperienza.

Dal punto di vista della psicologia del sé il mantenimento della coerenza del sé è un organizzatore sovraordinato della personalità, e le esperienze del sé che sono distoniche possono essere distruttive per la coerenza e quindi rifiutate.  L’analisi del carattere rende distonico ciò che è sintonico, scalfendo la coerenza e destabilizzando il senso del sé del paziente.

Per esempio, se il senso del sé di qualcuno si basa sul costruire il proprio sé come persona coscienziosa e responsabile, ottenendo validazione di questo concetto da parte degli altri, come può tollerare la consapevolezza che inconsciamente potrebbe possedere tendenze inconsiderate e irresponsabili? Se l’analista cercasse di dimostrare le tendenze irresponsabili del paziente, e le sue difese contro il riconoscimento di tali tendenze (come l’esternalizzazione della responsabilità per le proprie azioni), l’analista sarebbe vissuto come una persona eccessivamente critica che non apprezza il bene del paziente e ne mina l’autostima.

Kohut (1977) suggerisce che “quando l’analizzando diventa furioso in conseguenza del nostro attacco alla sua resistenza, egli lo fa, non perché una corretta interpretazione ha allentato le sue difese e attivato l’energia aggressiva che era legata in esse, ma  perché una situazione traumatica specifica, geneticamente importante, risalente alle prime fasi di vita, è stata ripetuta nella situazione analitica: l’esperienza della risposta fallace non empatica dell’oggetto sé.”

Nella misura in cui si pensa all’analisi come a un’esperienza emozionale correttiva, in cui il paziente recupera uno sviluppo interrotto con un migliore risultato, l’analisi del carattere, con la sua attesa evocazione del trauma narcisistico nel transfert, è proprio ciò che si vorrebbe evitare nel trattamento. D’altro canto se l’analisi è concepita come luogo in cui il trauma precoce é rivissuto e di conseguenza elaborato nel transfert, allora l’analisi del carattere costituisce una potente tecnica per arrivare diritti al cuore della vulnerabilità narcisistica dei pazienti. Naturalmente il processo di analisi andrebbe pensato come una dialettica tra queste due modalità. Interpretare in modo coerente dall’interno del punto di vista soggettivo del paziente può facilitare il transfert dell’oggetto sé, mentre interpretare dall’esterno del suo punto di vista interrompe tale transfert.

L’inevitabile fallimento dell’oggetto sé non era necessariamente un problema per il progresso dell’analisi nella visione di Kohut perché permetteva al paziente l’internalizzazione trasmutante. Nel momento del fallimento dell’oggetto il paziente può internalizzare la funzione che l’analista stava svolgendo, così diventa capace di regolare internamente un aspetto del funzionamento della personalità per cui in precedenza dipendeva dagli altri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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