Il tocco come strumento di regolazione affettiva nella psicoterapia corporea

Nel lavoro psicoterapeutico corporeo, il tatto rappresenta una delle forme più profonde di comunicazione non verbale. L’articolo di Bernhard Schlage (Touch and Affect Regulation Postural Integration, Trauma Skills,and Tools for Body-Oriented Psychotherapy 2021) propone un modello articolato in quattro fasi che integra il tocco terapeutico nella regolazione affettiva, con un focus particolare sul trattamento dei traumi. In questo documento divulgativo ma approfondito, esploriamo i concetti chiave, approfondiamo riferimenti teorici fondamentali e forniamo esempi pratici di intervento.

1. Fase di contatto iniziale: costruzione del legame Il primo incontro con il paziente avviene spesso già a livello sensoriale e affettivo, ad esempio tramite il tono della voce durante una telefonata. Il terapeuta riceve segnali sullo stato emotivo e corporeo del paziente e, secondo Stephen Porges (2001), il sistema di ingaggio sociale si attiva immediatamente per regolare la vicinanza e la sicurezza relazionale.

Esempio: una voce tremante può attivare nel terapeuta empatia o tensione. Riconoscere dove nel proprio corpo si sente questa risonanza è già parte del processo di co-regolazione.

In questa fase si abbandona il modello terapeutico “neutro” a favore di un contesto simmetrico e relazionale, in cui il terapeuta offre presenza, accoglienza e segnali corporei di apertura (gesti rilassati, contatto oculare, voce modulata).

2. Fase di grounding e stabilizzazione corporea Si lavora per aiutare il paziente a distinguere tra sensazione corporea ed emozione associata. Questo aumenta la capacità di restare nel presente, entro la “finestra di tolleranza” (Ogden et al., 2010), evitando sia l’iperattivazione (ansia, panico) che l’ipoattivazione (apatia, dissociazione).

Tecniche di grounding: portare attenzione al respiro in zone sicure del corpo, notare cambiamenti di temperatura o colore sotto la pelle, ampliare piccoli gesti spontanei.

Tocco iniziale: una mano poggiata sul dorso (zona percepita come neutra) con l’intento di contenere e accompagnare la respirazione, senza “fare” ma solo “essere”. Questo tocco non è manipolativo, ma relazionale.

3. Fase di ricezione del tocco e emersione emotiva In questa fase, il paziente inizia a sviluppare una mappa sensoriale del tocco positivo, evocando esperienze precoci (es. contatto con la madre, animali domestici, esperienze ludiche). Si lavora con le memorie somatiche implicite (van der Kolk, 1996) e si attivano i neuroni specchio (Rizzolatti et al., 1996) tramite la risonanza empatica.

Esempi pratici:

  • Invitare il paziente a esplorare da sé il tocco su mani e braccia, notando preferenze (es. pressione leggera o contenitiva).
  • Il terapeuta offre il tocco in zone sicure, come le spalle, osservando le reazioni corporee (tensione, scioglimento, variazioni respiratorie).
  • In caso di “tocco fuso” (sensazione di continuità tra mani del terapeuta e pelle del paziente), si può indagare la qualità della fusione: rassicurante o invasiva?

Si lavora anche sul ciclo dell’affetto (Schlage et al., 2012): stimolo → espansione → climax → rilassamento. Nei pazienti traumatizzati questo ciclo è spesso interrotto. L’obiettivo è ripristinare il flusso emotivo naturale attraverso tecniche di tocco e respiro.

4. Fase di integrazione e embodiment L’ultima fase riguarda l’“integrazione” dell’esperienza terapeutica nella vita quotidiana. Il tocco e le esperienze corporee vengono collegate a nuovi schemi relazionali e a una maggiore capacità di autoregolazione.

► Si rinforzano abilità come:

  • regolazione autonoma dello stato emotivo;
  • gestione della distanza e dell’intimità nelle relazioni;
  • capacità di godere (gioia, piacere, rilassamento).

Il paziente può iniziare a sperimentare nuove attività corporee (danza, sport, arte) come forma di consolidamento della nuova identità somatica.

Conclusione Il tocco, nella psicoterapia corporea, non è solo un gesto tecnico, ma un evento relazionale capace di accedere ai nuclei affettivi più profondi. La sua funzione regolativa emerge in un contesto sicuro e rispettoso, che valorizza il corpo come luogo di memoria, espressione e trasformazione. Come scrive Schlage, il terapeuta deve cessare di guardare il paziente con occhi “diagnostici” e imparare a vederne il potenziale umano.

Un buon lavoro con il tocco è un’arte: richiede sensibilità, formazione, etica e una profonda capacità di stare nel qui e ora con l’altro, corpo a corpo, cuore a cuore.

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