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Nel libro si indagano, attraverso una ricerca nella letteratura recente internazionale, soprattutto in lingua inglese e spagnola, i temi riguardanti il trauma, nelle sue molteplici manifestazioni, e nelle molte definizioni che ha assunto durante il corso degli anni. Analizzeremo il tema del disturbo borderline di personalità, che al trauma è strettamente collegato.
Nel primo capitolo cercheremo, attraverso una preliminare ricostruzione storica dei temi legati al trauma nel dibattito psicoanalitico, di prendere come referenti per la nostra indagine due grandi personalità, quelle di Freud e di Ferenczi: mettendole a confronto, per ricavare delle riflessioni e una prospettiva sul trauma che sia in grado di comunicare con la ricerca attuale. Dimostreremo infatti la modernità e l’attualità del discorso di Ferenczi, e la sua applicabilità nell’ambito di una riflessione sul trauma informata anche dalle ricerche più recenti.
Nel secondo capitolo prendiamo in considerazione in modo dettagliato il disturbo borderline di personalità, nelle sue molteplici sfaccettature, ritenendo che la complessità di tale disturbo si rispecchi nella complessità, anche, di qualunque discorso sul traumatismo, che non si può esaurire all’interno di una descrizione di sintomi diagnostici, ma che comporta riflessioni su temi che investono la ricerca all’interno di più discipline: psicologiche, sociali, antropologiche; anche delle politiche di gestione delle comunità. Parleremo della necessità di un approccio multifattoriale ed integrato al disturbo, e dei principali temi diagnostici che lo contraddistinguono. Ci focalizzeremo sugli interrogativi ancora aperti riguardo alla sua natura, sul ruolo del trauma e di che tipo di trauma. Parleremo dei temi dell’abuso infantile, della confusione di ruolo tra adulto e genitore, che può avere effetti molto traumatici sulla prole, pur essendo un fenomeno difficilmente visibile. Infine affronteremo i temi della disorganizzazione dell’attaccamento e delle sue implicazioni sul disturbo borderline di personalità.
Nel terzo capitolo andiamo a osservare più da vicino quello che accade nel rapporto tra madri con disturbo borderline di personalità e loro figli, nell’intento di capire quali dinamiche stanno alla base della trasmissione transgenerazionale della sintomatologia borderline, e quali tipi di intervento, soprattutto preventivi, possono essere in grado di aiutarle nel migliorare le loro capacità di essere delle madri sufficientemente buone per i loro figli, al fine di interrompere la catena di trasmissione del trauma.
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L’interrogativo che attraversa il libro e che ci accompagnerà nello studio di Bateson è quello riguardante il senso, il valore, e la possibilità della psicoterapia.
Ci si chiederà ora come può esserci di aiuto fare ricorso a Bateson per tematizzare l’idea stessa della terapia. Per capirlo dobbiamo cercare innanzitutto di liberare, almeno parzialmente, la sua figura intellettuale dalle tante trasfigurazioni che ha subito nel corso del tempo. Generalmente è stato fatto passare il Bateson della teoria della comunicazione, degli studi sulla schizofrenia e sul doppio legame, trasformandolo in una immagine venerata soprattutto dai praticanti delle terapie familiari. Bateson non considerava l’ ambito della terapia come l’esecuzione di tecniche intese a determinare un contesto intenzionalmente trasformativo dell’essere umano, e non pensava fosse utile cercare volontariamente il controllo sul proprio adattamento.
Quindi nell’idea di terapia proposta da Bateson non ci si porrà il problema della cura, nel senso che obiettivo del terapeuta non sarà quello di curare i sintomi del cliente. Questo porta ad una situazione in un certo modo paradossale. Bateson arriva a mettere in discussione i presupposti stessi della pratica della terapia, interrogandosi sulla sua relazione con la malattia e sul modo in cui essa si inserisce nell’insieme complessivo del vissuto individuale e sociale.
Attraverso un sentiero che parte dall’antropologia, passando per la cibernetica e lo studio delle macchine e delle società umane, improntato sul modello dei sistemi, egli arriva all’enunciazione di una idea di “mente” dal carattere vasto e comprensivo, in cui l’essere umano trova spazio come parte non dominante di un più ampio sistema che collega l’intera biosfera, in una unità d’ordine superiore. Unità di cui possiamo crearci solo immagini parziali, proprio per la nostra condizione di parti inserite in una serie di insiemi sempre più estesi, inclusivi l’uno all’altro. Ciò che ci permette di farci una rappresentazione, seppur fallace, di questo tutto comprendente, è la coscienza, che ci presenta però soltanto archi parziali di quei circuiti più estesi che sfuggono alla nostra possibilità di controllo.